Chi sono i figli
del sogno? Tutti coloro che nacquero dopo la drammatica parentesi
della II Guerra Mondiale, i frutti di quelle donne che, finalmente
libere di votare democraticamente e consce dei loro diritti
riversarono sui loro figli tutti i sogni rimasti chiusi nell’ermetico
cassetto della dittatura fascista. Anacleto Bottoni è uno di quei
figli.
Con questo romanzo
ci racconta la sua vita, la passione per il lavoro di orafo che gli
ha dato tante soddisfazioni (e tanti grattacapi), i suoi amori, le
sue “incazzature” verso il sistema, i suoi incontri con volti,
sguardi e persone, disseminati di ironia, spleen, amarezza e
rimpianto, slanci vitali e furore.
I figli del
sogno, però, è anche un atto d’amore di un uomo verso il suo
lavoro (che lo ha portato a definirsi “artigiano con le ali”), è
la storia personale che si fonde con quella universale, è la memoria
di un tempo passato, presente e futuro che riesce a far ridere e
commuovere, a far pensare e indignare, a farci ricordare quanto
l’oggi sia ancorato ad un passato indelebile.
Ne fuoriesce un
quadro disincantato della storia del nostro Paese che, partendo dagli
anni bui del fascismo e dall’ancor più difficile ricostruzione
postbellica, attraversa i tumultuosi giorni del ‘68, la
controcultura degli anni ’70, l’edonismo degli ’80 e il
ripiegamento interiore dell’ultimo trentennio.
L’autore ci
accompagna in questa cavalcata travasando il particolare
nell’universale, immortalando una Roma in cui borgate e centro
storico, burini e snob, artisti e venditori ambulanti si rincorrono
senza continuità e ci ricorda quanto vivere significhi sopravvivere
e quanto ogni anelito di libertà debba fare i conti con una
burocrazia che azzera la libera iniziativa e il desiderio di sognare.
Ecco allora che i
figli del sogno di ieri, di cui Anacleto Bottoni è parte integrante,
con la loro forza d’animo e il loro ottimismo, potranno essere gli
unici a guardare al futuro con un sorriso capace di allontanare le
nuvole all’orizzonte.